Si abbracciano e si baciano davanti a milioni di tifosi. Scattano foto di giubilo chiusi dentro uno spogliatoio. S’insultano pubblicamente, con gesti e parole, e vanno pure in TV a dire che non andrebbe fatto e che, ovviamente, la colpa è sempre dell’altro.
Il mondo del calcio è ormai una bolla dentro una bolla; dove nella prima c’è la gente comune che deve stare attenta a dove mette i piedi, deve indossare la mascherina, tenere le mani pulite (difficile, in un mondo come il nostro) non prendere i mezzi pubblici per garantire il distanziamento sociale. Nella seconda, ci sono loro: i calciatori del fantastico mondo della ‘pelota’. Dove possono ballare, assembrarsi, minacciarsi di morte e insultarsi con odio razzista. Sapendo che ognuna di queste condizioni passerà in cavalleria. Così puoi vedere un vichingo insultare la madre di un giocatore di colore o un allenatore che chiede educazione dopo aver fatto il dito medio o un presidente che, senza mascherina, scende dalle scalinate per andare ad insultare l’allenatore della squadra avversaria come farebbe un ultrà in curva.
In questo mondo impazzito persino chi ostenta un po’ di buon senso ad un certo punto perderebbe la bussola. Il mondo del calcio è una fantasilandia composta da bambini non cresciuti, verrebbe da dire. In realtà dobbiamo uscire da questa sterile mistificazione. Il calcio, lo sa chiunque ha giocato, declina un agonismo, una foga e a volte una cattiveria che si dispiega in campo. Poi, finito l’incontro, le rabbie sbolliscono e i lupi in campo tornano agnellini.
E tuttavia parliamo di persone adulte, che oggi hanno un rapporto con il mondo reale maggiore di quanto non fosse in passato. Non fosse altro perché vengono convocati davanti all’altare delle sofferenze umane di cui sono investiti tutti coloro che non sono come loro. Per questa ragione il tributo di comprensione che di solito gli si riconosce è ormai esaurito. Perché per loro non deve valere quello che vale per tutti gli altri? Pàssino gli insulti e i gli scontri di gioco. A calcio, sono parte delle regole. Ma il rispetto fuori dal campo, l’adesione alle regole che è chiesta a tutti gli altri cittadini? Il distanziamento, le mascherine, perché per loro non vale?
Da quando si è sancito che ci sono persone di Serie A, loro, e persone di Serie B, tutti gli altri?