Passi che bisogna vendere. Va bene che le notizie vanno date. D’accordo sul fatto che anche una news disdicevole o drammatica bisogna comunicarla. È accettabile tuttavia che si parli di una tragedia come di un’opportunità?
È vero: la morte, come il sesso, il sangue e i soldi costituiscono uno dei pilastri dell’informazione. Poi se i morti sono a cadenza giornaliera, e se si è riusciti nell’impresa di far passare quell’informazione come essenziale per delineare un andamento ( anche se poi non è così, i dati sono sballati o falsati) è chiaro che l’epilogo è quello che vedete nella foto. Ci vuole del coraggio anche a dire che c’è stato “un boom di morti”, titolo che scoraggia anche il migliore dei missionari della solidarietà interplanetaria.
Sostenere comunque che i conti della previdenza migliorano grazie alla tragedia della pandemia, alimentando la morbosa curiosità dei lettori con l’attenta ricostruzione dei numeri (865 mila pensioni in meno da pagare, un incremento rispetto all’anno prima di oltre centomila unità) costituisce una di quelle modalità che infanga la dignità umana e riconsegna il giornalismo alla depauperata valutazione che di sé ha ormai la gran parte dei cittadini.
Alla luce di queste considerazioni che mettono sotto i piedi la professionalità umana, prima di tutto, di chi scrive è evidente che così non si esercita un diritto ma si sporca una dignità: quella delle persone, degli esseri umani e ancora di più quella di chi ha patito la perdita di un familiare. Nella deontologia non è ammissibile non si consideri il cinismo come una forma di violenza. La strada è un’altra. E forse la categoria che si occupa di fre informazione sarebbe ora intervenisse