Surreale. Incredibile. Comico. Se qualcuno ci avesse detto che in una situazione già seriamente compromessa in termini di credibilità, avremmo anche assistito alla seconda carica dello Stato alla moviola, nessuno ci avrebbe creduto. La presidente del Senato, Elisabetta Alberti Casellati, pareva una di quelle maestre alle scuole elementari, già stanche dopo due ore; e completamente obnubilata nella sua capacità d’intendere e di volere dopo dodici ore consecutive in aula. Vista anche l’età e la capacità dei suoi scolari parlamentari di saper essere discoli come pochi altri.
Due di loro, Ciampolillo e Nencini durante la chiama al voto si sono eclissati, e la Casellati, da buona maestra, ha dovuto riprendere il registro per controllare che i due fossero in aula, e poi ricorrere alla moviola per capire se i due al momento della chiama fossero presenti oppure chiusi nei bagni di Palazzo Madama. Una farsa, una pittoresca ricostruzione, perfettamente aderente al clima politico odierno. In mezzo ad uno sciame di parlamentari che non stanno zitti un momento, passano il tempo al telefono e ad apostrofarsi non appena la ribalta mediatica offre loro l’occasione di tradurre in gogna il loro intervento, è trascorsa una delle pagine politiche più ingloriose della storia repubblicana. Bravissimo Renzi, un fuoriclasse, a gestire la compagnia dei monelli, talmente preso dalla parte da essere riuscito perfettamente a recitare il suo copione. Si porta a spasso l’aula e i suoi astanti gridando al complotto e alla mancanza di democrazia per essere rimasto inascoltato, quando tutti sono lì ad ascoltare le sue parole afone. Emissione di suoni privi di contenuti reali ma permeati di un egotismo straordinario. Il Premier finalmente lo cita, accetta la sfida, si disarma della delega dei servizi e gli offre un ministero e gli rende le armi: “La mia porta è sempre stata aperta. Ma se non ci sono i voti vado a casa”. In realtà raccatta qua e là qualche voto utile a tenerlo ancora in vita, costretto in un’agonia sempre più soffocante, cui Renzi lo costringe. Il resto è un’epifania di nuovi costruttori in cerca di un’ultima occasione, con la Casellati che strilla e si dimena proprio come le maestre di una volta. E che ricorre al Var, al Check video, con i giudici ad attestare dove fossero finiti Nencini, definito intellettuale dal Premier, figuriamoci gli altri, e Ciampolillo che ha già nel nome una declinazione esistenziale. Finisce così, in burla, con Conte che scappa dal Palazzo e Renzi che va nel terzo ramo del Parlamento, da Bruno Vespa. Come ogni rappresentazione teatrale deve esserci la sua degna conclusione. Ma non è colpa di Renzi, se gli altri sono solo comparse politiche.