Prima una rissa, attorno alle 14, domenica pomeriggio 23 Agosto, con un ferito e quattro gazzelle dei carabinieri sopraggiunte in Piazza Durante, arteria di Via Padova che collega la periferia al centro storico.
Poche ore più tardi, verso le 20, in Via Crespi, un incendio scoppia all’interno di un appartamento in cui vivono degli immigrati. Solo due giorni prima, in Via Giacosa, è stata chiusa la discoteca “La Gozadera”, attorno alla quale, soprattutto la mattina presto, era facile contare gli ubriachi fradici dediti ad attività di minzione lungo i muri delle strade dove sono parcheggiate decine di macchine.
Via Padova negli ultimi anni aveva vissuto una lenta ma costante ripresa, tra attività sociali, eventi, locali caratteristici che hanno attratto anche il turismo estero. Non ha risolto mai, fino in fondo, i suoi problemi. Gli interventi ci sono stati, l’isola felice del Parco Trotter ha convissuto con fenomeni di spaccio e di violenza sessuale, in una difficile coesistenza di mondi tra di loro separati. Pur tuttavia si era notata qualche differenza, vuoi anche per il lancio del brand “Nolo” North of Loreto che paradossalmente aveva fatto di un marchio un ponte per costruire, almeno nell’immaginario collettivo, una nuova identità sociale. Negli ultimi mesi tuttavia, la zona sembra essere stata abbandonata. Si registrano di nuovo fenomeni di violenza isolata che tuttavia fioriscono in un florilegio di banditismo diffuso: il documento di sequestro e chiusura del locale appeso davanti alla Gozadera, dopo neppure 24 ore è stato strappato e passato neppure un giorno di nuovo si registrano tafferugli, scontri, degrado. Via Padova è di nuovo terra di nessuno e la promessa del Governo locale, quello presieduto da Beppe Sala, pare essere andata in frantumi. Nessuna tutela per la prima periferia cittadina, comunque a poche fermate di metro da Piazza Duomo. Si respira di nuovo aria d’insicurezza e di paura tra i volti dei cittadini ormai abituati al consueto degrado provocato soprattutto da una comunità, quella sudamericana, che pare incontrare grosse difficoltà ad integrarsi senza contravvenire alle norme di civile convivenza.
Non è una chiamata alle armi, e neppure un invito alla repressione come “civiltà”, per citare un famoso film, semmai l’appello affinché le istituzioni facciano il loro lavoro e non scambino la solidarietà per una comprensione antidemocratica, che tracimi dunque verso la tolleranza a favore di chi, accolto e aiutato a stare “dentro” la società dimostri di volerne stare ai bordi. In quel caso è più democratico cominciare a dare un segnale a quanti le regole le rispettano. Per evitare il caos dell’anarchia e della giustizia fai da te.