Il fattore Covid non ha soltanto spaventato i cittadini. Li ha anche messi in una condizione di soggezione. Spaventevole. Una subalternità mediatica e sociale, in cui ciascuno si è sentito indifeso. Aggredito quotidianamente da un allarmismo che in un climax senza fine, si sente ripetere allo sfinimento che il pericolo del virus non s’è spento, che è sempre allo stesso livello in cui l’abbiamo vissuto nei mesi di Febbraio Marzo ed Aprile.
Neppure dopo che il Prof. Zangrillo del San Raffaele di Milano si è prodigato a spiegare che l’allarmismo è oggi ingiustificato, neppure in questa circostanza, l’aggressione a parola armata si è fermata. Negli scorsi giorni, in una parossistica parodia di giornalismo, un noto quotidiano milanese che ha sede in Via Solferino, ha sparato a tutta pagina che il virus stava tornando e che l’allarme tornava ad essere grave in quel di Cremona. Tutto a seguito di un post di un infermiere che aveva pubblicato un allarme virus, per la presenza di due persone con sospetto Covid nel reparto di pneumologia dell’ospedale cittadino. Solo la tempestiva attività di fact checking posto in essere sui social ha disinnescato la minaccia allarmastica posta in essere da un quotidiano che non aveva verificato la notizia.
L’effetto tuttavia è quello di verificare la costanza con cui i media mainstream tentano ormai in modo sistemico e scientifico di spaventare in modo quasi pavloviano parte della popolazione; assuefacendola alla paura, predisponendo il suo terrore, reiterato e dislocato negli uffici, per le strade , nei supermercati e persino nelle famiglie. È la contemporanea convinzione che la comunità sia un gregge e quindi il popolo un gruppo di pecore da portare a spasso, che induce i giornali alla convinzione di poter terrorizzare le persone per generarne uniformi comportamenti sociali. Un modo per ottenere un controllo indotto delle masse. L’ennesimo esempio di come il sistema, cioè la complessa macchina della amministrazione pubblica, tenda sempre al controllo. Annullando qualunque residua chance di considerare ciascun appartenente alla comunità un libero pensatore. Un ossimoro, secondo il mainstream. Dove c’è la “civiltà” non può esserci libertà