Ci sono frasi che fanno la storia. Locuzioni che diventano parte integrante della vita di tutti. Giulio Gallera, avvocato prestato alla Sanità, oggettivamente a sua insaputa, conferma una volta di più l’importanza della virtù del silenzio. L’Assessore, le cui memorabili dimostrazioni di efficienza matematica hanno fatto la storia del Paese, s’è lanciato nell’ennesima perorazione a favore della sanità privata. Sostanzialmente ribadendo un concetto: ci sono i ricchi, gaudenti e liberi che dispongono della vita degli altri. E poi ci sono i poveri, negri o meridionali o zingari, scegliete da soli, che invece non fanno parte del patriziato ma della fastidiosa e maleodorante plebe. Per questo, il solo fatto di poter accedere in lussuose strutture tirate su in genere con la fatica e il sudore d’immigrati, italiani o stranieri, deve essere considerato un privilegio soprattutto se ci va un plebeo magari pure d’origine sudista. Ora: non è che serva in ingegnere per definire una tale corbelleria una strepitosa puttanata e chi l’afferma un classico evidente appartenente della tribu degli homines sine baculis. E tuttavia, l’indignazione, arrivata dal basso, non ha invece fatto proseliti tra le figure dell’opposizione. La quale anziché andare a prendere sotto casa una che osa dire una cosa del genere, manca poco arrivassero quasi a pentirsi d’attaccarlo per una tale castroneria.
Perché non è che bisogna proprio essere privi di cognizione mentale per dire una cosa del genere: è evidente però che aiuta. Di conseguenza restiamo in attesa di capire da quale testo liberale il sommo Giulio abbia appreso la volontà di dileggiare i poveri. Perché è molto trendy insultare i più poveri, perfetto poi se il povero è anche disabile. Perfetto però sarebbe anche mandare a lavorare in miniera un Assessore così. Certi che finire sotto terra sia per lui il luogo più adatto dove tornare. E magari mettere radici. Per imparare due cose: la misura e l’umanità.