Cominciamo con una premessa: ognuno è innocente fino a prova contraria. E provare la colpevolezza è compito dei giudici e della pubblica accusa. Quindi: Attilio Fontana, sua moglie Roberta Dini e il cognato Andrea Dini sono innocenti fino a quando un giudice non dimostrasse il contrario.
Detto questo e andando al di là di una competenza che è giuridica, veniamo invece al merito politico. Intanto, i fatti. Il 13 Aprile scorso viene assunto un accordo con procedura privata, senza appalto, tra Aria Spa, la centrale acquisti di Regione Lombardia, e la azienda Dini che gestisce il marchio Paul&Shark. Quest’ultima ha deciso di convertire una parte della sua produzione. E stabilisce di vendere una fornitura di Dispositivi di Protezione individuali a Regione Lombardia. La Regione è in difficoltà a reperire i dispositivi e si affida quindi a quanti più soggetti possibili per trovare i DPI. L’accordo è a titolo oneroso tanto che viene emessa fattura il 30 Aprile con pagamento a 60 giorni. Report però ci mette lo zampino. Secondo quanto riporta Giorgio Mottola, collega di Report, tra il 19 e il 20 di Maggio la notizia trapela. Report comincia a fare domande. Nella stessa data, dopo oltre 36 giorni, l’azienda di Dini, di cui la moglie del Governatore Fontana è titolare per il 10%, e il cognato per il 90% attraverso una fiduciaria Svizzera, decide di convertire la vendita in donazione: è formalizzata il 22 di Maggio.
La somma stornata però non è pari alla stessa cifra che la Regione si apprestava a pagare: 513.000 Euro. Lo storno è di 360.000 Euro e quindi mancano all’appello circa 153.000 Euro che quindi andranno pagati a data scadenza della fattura.
Nel frattempo accadono altre due cose rilevanti: la prima è che Andrea Dini a Giorgio Mottola dice che l’operazione è avvenuta a sua insaputa.
Dopo aver inizialmente detto che si era trattato di una donazione “certificata dalle carte”. Ma quando Mottola mostra che le carte smentiscono Dini, poiché fino al 20 Maggio tra Dama e Aria Spa c’era una negoziazione privata onerosa, allora cambia versione. Anche Fontana in un primo momento parla di strumentalizzazione e poi però conferma con un post sul suo profilo Facebook che l’accordo c’era stata con negoziazione privata, poi mutuata in donazione. Tutto però a sua insaputa. Lui non sapeva nulla. Immaginate la scena: lui a tavola con la moglie. O al telefono, quando era rimasto costretto bloccato in isolamento in Regione
Tutti parlano di Covid-19. Tutti tranne lui e sua moglie. Di che si saranno parlati, in quei frangenti? A letto che si dicono Roberta e Attilio? Non parlano mai di Covid e quindi dell’accordo stipulato tra l’azienda di lei, e l’istituzione presieduta da lui? No. A casa Fontana si parla di squash, forse. O dell’ultima partita di golf di Tiger Woods. Comunque sia: quando arriva quel rompicoglioni del giornalista del servizio pubblico, Fontana come prima di lui il cognato, dichiara che tutto questo è avvenuto a sua insaputa. Il cognato dice “abbiamo restituito tutto”. Fontana parla di donazione e di strumentalizzazione contro il suo Governo. E querela Marco Travaglio, direttore del Fatto Quotidiano che ha portato in edicola per primo la notizia, e poi chiede di bloccare l’emissione della trasmissione Report. Infine l’ultima notizia è che la restituzione dei soldi, lo storno della fattura, non è completa. Mancano 150.000 Euro. Di fronte a una tale sciatteria, a una tale mancanza di competenza e professionalità, di fronte a un comportamento che tutto si può dire che sia, tranne che trasparente, si può accettare che Fontana resti dov’è? Perché anche credendo alla buona fede di tutti i protagonisti, allora avremmo dovuto aspettarci che Fontana annunciasse questo gesto di buon animo di sua moglie e di suo cognato. Rendendo pubblica sin da subito la donazione. Cosi anche la moglie e il cognato. Invece in questo contesto emerge una miseria umana che si può sperare venga confutata da un miracolo. Perché se tre indizi fanno una prova, qui d’indizi siamo sommersi. E siccome nessuno è fesso, ci aspettiamo che a questo punto avvenga un deciso passo indietro da parte del governatore lombardo e si torni subito ad elezioni. Per una questione di decoro e di igiene ambientale.