L’azienda si chiama Rotopubblicità, si trova alle porte di Milano: a Cinisello Balsamo. Qui si trova il portato dell’effetto Covid.
Un software in grado di rilevare praticamente tutto. Attraverso uno schermo, poco più grande di un normale cellulare, è in grado di registrare la temperatura di una persona e di procedere al blocco di una porta d’ingresso di un ufficio o di un supermercato della grande distribuzione o di una banca. Consente poi d’individuare l’eventuale allergia di una persona ad elementi naturali, come ad esempio le graminacee. Consente di misurare i livelli d’inquinamento in quel momento presenti. Permette il riconoscimento facciale di una persona qualora sia usato come badge.
In questo modo si esenta il titolare di un ristorante dall’obbligo di avere una persona all’ingresso, che rilevi con uno scanner la presenza di febbre in un individuo. Si elude l’onere di dover far compilare moduli a persone che accedono in un locale, una volta che le sue condizioni siano ostative all’accesso. E si permette ad un’azienda di decrementare i tempi e i costi per l’accesso all’interno di un negozio.
La macchina consente di rilevare anche l’eventuale presenza di livelli d’inquinamento e quindi la qualità dell’aria. Alla macchina se ne affianca un’altra in cui si consente al titolare di far apparire inserzioni pubblicitarie, con conseguenze del tutto evidenti. Se sono allergico alle graminacee e la macchina lo rileva, lo schermo posto accanto potrà segnalare il farmaco più idoneo e la farmacia più vicina. Insomma un marchingegno che ci obbliga a fare i conti con la tecnologia in cui si devono contemperare due interessi opposti: quello alla salute e quello alla riservatezza. In sintesi: alla sicurezza. Il Coronavirus ha spostato più in là il limite dell’etica pubblica. Fin dove il mio diritto alla sicurezza può e deve precludere il mio diritto ad essere libero?