La colletta alimentare è ormai la nostra realtà. Inutile girarci attorno. Siamo in un’economia di guerra. E malgrado i latrati di quanti tentano di seppellire le grida di dolore, Milano è una città che soffre. Non possiamo dirlo ad alta voce. Dobbiamo organizzare le Olimpiadi. Abbiamo la Borsa valori, e mercati che non possiamo permetterci di far crollare. Ma l’anello di povertà che ci circonda, si allarga e allo stesso tempo si restringe verso il centro storico della città. Aumenta il numero di quanti fanno fatica anche a mangiare
L’incredibile osservazione è che alla sofferenza sono abituati quelli che già soffrivano. Molto meno quelli che ci sono arrivati per gradi, oggi. Scivolati poco alla volta verso il basso. Il dolore striscia radente vicino la soglia della vergogna: quel dolore resta muto, soffoca le parole. Provare solitudine e ansia non è glamour, non fa vendere, non ha appeal salvo in qualche trasmissione serale in cui invece la sofferenza diventa un business per chi la vende dentro contenitori urlati. Da sempre, perché qualche ricco possa pascere nella sua opulenza, bisogna che ampi strati di poveri collaborino con il loro dolore.
Per questo Milano Positiva ha deciso di fare qualcosa di concreto e di immediato. Una raccolta di cibo, una colletta alimentare attraverso il supermercato Unes di Via Emilio De Marchi a Milano. Chiunque lo vorrà potrà, mentre fa la spesa, donare del cibo a chi all’improvviso ha il piatto vuoto. E non riesce a mettere il pranzo con la cena. Un gesto semplice e concreto: “quando pensi a te, pensa anche un po’ per me” parafrasando Celentano. Presso il Supermercato troverete dei carrelli in cui depositare il cibo per chi non ne ha. Chi può doni a chi non ha. E chi non ha beneficerà di un atto di solidarietà concreto e anonimo allo stesso tempo.
Il cibo verrà portato presso la Chiesa di Santa Maria Goretti e San Martino in Greco, sempre a Milano, dove si provvederà a smistare il cibo a chi ne ha bisogno. Un piccolo segnale di attenzione. Un simbolo di quello che questi tempi oscuri c’insegnano. La solidarietà non va in vacanza, perché la sofferenza non va in vacanza. Anzi: oggi è salita alla ribalta proprio quando avevamo pensato di averla quasi eliminata. Se non è troppa fatica e siete lì vicini date una mano a voi stessi. Un po’ di pane, pasta, olio. Quello che serve per ricominciare in modo nuovo. Il mondo in questi due mesi è cambiato. È cambiata la percezione della vita.
È bastato un virus letale ed invisibile a ricordarci quanto piccolo sia l’uomo davanti al creato.
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