Parla Gianni Zais: ci sono cinquantamila famiglie che non dispongono dei tablet per consentire al loro figli di poter seguire le lezioni a distanza. Per questo il Governo ha stanziato circa 80 milioni di Euro; di cui 10 per le piattaforme, 70 per l’acquisto di PC e tablet e altri 5 milioni per i corsi di formazione.
A lanciare l’allarme è Gianni Zais, presidente di Milano Positiva. È l’ennesimo appello, nei confronti di quella parte di popolazione che in Italia vive in condizione d’indigenza e non dispone di dispositivi idonei a consentire ai propri figli di potersi mettere in contatto con la scuola, da remoto, per seguire le lezioni.
Potremmo chiamarlo effetto Covid-19: una parte della nazione, da sempre vive in modo precario con lavori saltuari e magari pagati a nero; e deve fare i conti con una realtà durissima. Una volta che le imprese chiudono o che s’impone una drastica riduzione della forza lavoro anche a seguito del provvedimento del distanziamento sociale, in automatico, come un riflesso pavloviano, emerge questa distopia del sistema produttivo. Tanta forza lavoro, viene pagata in nero. E quando il nero se ne va, ovvero quando quella parte di Paese che si trova a metà del guado, non sta cioè né sul territorio della piena legalità, né su quello della disoccupazione dichiarata, magari retribuita parzialmente, si genera il cortocircuito. Emerge la sofferenza. Zais indica una strada: la partecipazione. La capacità di rivolgersi ai dirigenti scolastici per far presente che i problemi della scuola non aspettano
Il Governo, infatti, ha varato misure temporanee, garantendo il reperimento dei mezzi necessari. Solo che da noi andiamo ancora lentamente. I tablet e le piattaforme arriveranno, ma non prima di settembre. E quindi come spesso accade ci si rivolge alla pragmatica arte di arrangiarsi, dell’italiano medio. Il prestito del vicino, la scuola a macchia di leopardo o la semplice scelta di rinunciarvi, nella speranza di veder comunque ammesso all’anno successivo i propri figli. “In realtà ci si dovrebbe rivolgere ai dirigenti scolastici che una parte dell’attrezzatura l’hanno già ricevuta e possono concederla in comodato d’uso” dice Zais, “anche se siamo consapevoli dei ritardi di Consip e Mepa.” E la soluzione dunque è chiedere ai comitati dei genitori di rivolgersi ai dirigenti che qualcosa possono in questo momento fare. Una parte della ferita può essere sanata. Come sempre c’è una volontà politica carente e un’oggettiva e nascosta difficoltà economica. Una ferita non suturata, un debito pubblico che punge. Anche se sul debito andrebbe detto che da oltre trent’anni il Governo ha un avanzo primario costante (un attivo cioè tra spese e ricavi, nel Paese) mentre sono gli interessi sul debito a mangiarsi i nostri risparmi. Non di sola cattiva volontà si tratta, insomma. La scuola è il futuro, e un’economia europea sana e una cultura che faccia dell’umanesimo il suo perno, gli interessi potrebbe quantomeno azzerarli.
Restituiamo ciò che abbiamo usato, con anticipo e prima di averne effettiva disponibilità, ma perché farlo con un cappio al collo? A chi giova tenere alcuni Paesi, milioni di persone, schiavi di questa condizione? A chi giova chiedere la restituzione di un prestito, chiedendo allo stesso tempo il suicidio del debitore?
L’intervista con Gianni Zais