Oggi c’è arrivato questo video. È l’audizione resa alla Camera lo scorso 30 gennaio da Luca Zaia, governatore del veneto sull’attuazione del regionalismo differenziato. Un discorso di assoluto buon senso e pieno di buoni propositi. Lo propongo e ve ne suggerisco la visione per fare qualche riflessione ad alta voce.
Intanto il sunto: Zaia afferma che al sud, in modo particolare nei comuni della Campania, Calabria e Sicilia c’è un dissesto finanziario grave. In cui spicca la Calabria, dove un comune su due è in dissesto economico. Curioso: proprio la regione in cui è stato eletto Matteo Salvini.
Il Governatore ne ha anche sulla questione sanitaria. I livelli minimi di assistenza nel sud, dice, sono bassissimi e lui vorrebbe si applicassero i costi standard e non quelli storici ( la famosa siringa il cui costo dovrebbe essere uguali per tutti) e di nuovo attacca il mezzogiorno che, afferma, manda al nord le operazioni da cui non può lucrare. Mentre il suo Veneto cura tutti: gente del nord e del sud, gli immigrati “e anche quelli senza documenti, perché il Veneto cura tutti.”
Un’altra interessante stoccata è quella finale relativa alla sanità privata. “Basta con la sanità privata, dice, noi abbiamo messo un limite: il 12% può essere privatizzato, l’88% deve restare sanità pubblica, altrimenti davvero poi la gente finisce con il morire perché curata male”. Zaia ce l’ha con il sud: “c’è un primariato, un eccesso di nomine di primari”. “Approfittate dell’autonomia per cambiare”
Vi propongo di vedere il video perché è di soli due mesi fa ed appare profetico. Innanzitutto perché Zaia difende la sanità pubblica contro quella convenzionata, parla di un tetto del 12%; dice che nel pubblico si lavora bene e che la filosofia della sanità deve essere pubblica.
Il Governatore parla indirettamente anche alla Lombardia di Fontana e di Salvini, soprattutto. Da diversi mesi circola all’interno della Lega un profondo malumore verso Salvini. La fronda partirebbe proprio da Zaia e Giorgetti che avrebbero posto in essere un asse per fermare “il capitano”.
La vicenda del Coronavirus sta dando ragione al numero uno veneto che ha capito subito come affrontare il problema. Tamponi di massa nelle aree focolai, con analisi dei pazienti positivi e dei loro parenti più prossimi. Medicina del territorio, con medici che si dispiegano nelle città per approntare un piano di controllo porta a porta.
Per l’ex ministro cioè, la sanità parte dal basso e lontano dalle logiche delle convenzioni che portano allo spartiacque tra pubblico e privato. E portano all’evidenza empirica del regionalismo differenziato come necessità.
E qui credo va posta un’altra domanda: che ci fa ancora, in una Lega nazionalista, Luca Zaia? Lo j’accuse contro le regioni del mezzogiorno declina un’evidente nostalgia della Lega di Bossi che aveva fatto del federalismo la sua bandiera, con l’imposizione di un modello in cui le spese, nella loro definizione, trovassero un contenimento ed una uniformità attraverso i costi standard. Oggi invece Salvini è senatore per aver promesso in campagna elettorale (in Calabria) quota 100, e il reddito di cittadinanza.
Assistenzialismo e soldi per tutti. Senza le necessarie coperture. Ed infatti quando è arrivato il momento di realizzare le promesse, ha scelto di rompere. È per questo che Zaia parla una lingua diversa da quella dell’ex ministro dell’Interno? Pesa quel ‘la gente rischia di morire perché curata male’. È infatti quello che è accaduto e sta accadendo nella crisi del Coronavirus.
Non curando gli ospedali pubblici, non li si dota di piani per gestire le emergenze, non li si fornisce dei dispositivi di protezione individuale e quando dopo due mesi (con due mesi di ritardo) si cominciano a distribuire le mascherine, si va in conferenza stampa con l’aria di chi ha fatto un miracolo e si arriva all’indegno quadretto di citare gli sponsor che “hanno portato le uova di Pasqua e le colombe”. Ributtante.
Le dichiarazioni di Zaia sono un macigno sulla testa di Salvini. E forse non per caso. Il Coronavirus cambierà un’epoca e forse il mondo. E pure, molto, la Lega. Panta Rei.