Tagli al personale: basterebbe la sua inflessione per capire quanta fatica ha fatto Paolo per arrivare dove è arrivato. Da ragazzo del sud s’è costruito una carriera da infermiere professionale nel ricco nord, in uno dei più difficili capitoli sanitari: nefrologia e dialisi. Per la responsabilità nelle cura delle sacche di sangue, ad esempio, per la necessaria attenzione verso pazienti di età spesso non giovanissima
La sua testimonianza da esperto del settore dove lavora da 15 anni e in cui ricopre anche la delega da sindacalista, dice della moralità , dell’impegno, del senso delle istituzioni che Paolo ha, lavorando nella sanità ed occupandosi di malati.
È proprio ascoltandolo che si capisce quanta rabbia ha maturato. Osservando come proprio su persone come lui si sia scaricato il peso dei tagli che oltre a limare il salario ha provveduto a rendere più pesanti i carichi di lavoro. Poco personale infatti significa dover provvedere da soli alle criticità di un reparto e assumersi la responsabilità di essere i primi a dover spiegare che un mancato intervento a sostegno di in paziente può essere spesso dettato da emergenze più rilevanti. I cui protocolli prevedono il distaccamento dell’intera filiera di infermieri che non essendo magari superiore alle due unità si trova costretto a disattendere altre chiamate. Con le inevitabili ripercussioni che nei casi più gravi sfociano persino nelle aggressioni contro chi sta facendo solo il proprio lavoro.
Stesso discorso quando ad essere ridotti sono i reparti come le sale operatorie. Una loro rimodulazione, magari per la necessaria manutenzione, determinano il procrastinarsi di altre operazioni, con l’accumulo di ritardi nel dispiego delle incombenze operatorie.
Il quale personale provvede come può, supportato da un’ideale di partecipazione sociale non altrimenti facilmente rintracciabile. Lo fanno perché ci credono, medici ed infermieri, perché assistere gli altri riempie di dignità chi lo fa. Come i vigili del fuoco, come le pattuglie di Polizia certe notti. La denuncia di Paolo è il paradigma di un Paese che a tratti si sente solo. E alza la voce.
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