Dove lo tenete lo smartphone a tavola? A sinistra accanto alla forchetta oppure a destra vicino al coltello? Sapete che esiste un deep web e un dark web, dove accedono i pedofili?
Sapevate che esiste un modello educativo che non implementa l’uso dello smartphone, che ne agevola il deposito in un cassetto o in una borsa? La professoressa Manuela Ponti, di professione psicoterapeuta, mette il dito nella piaga dentro la psicopatologia quotidiana dell’uomo (e della donna), pervaso da una profonda solitudine e da una forma di narcisismo malato, per cui l’assenza del telefonino porta a sentirsi esclusi, da soli, spaventati.
La Ponti non fa sconti, verrebbe da dire giocando con le parole. Solo che un gioco non è, quello che racconta in questa conferenza milanese, ovvero una società borderline, incapace di relazionarsi in modo adulto, completamente tradotto in un mondo irreale dove persino il sesso si confonde con il mondo virtuale e sdogana una sessualità masturbatorio – narcisistica dove si fa sesso ciascuno comodamente seduto sul proprio divano, osservato ed osservatore, progressivamente sviluppando un onanismo che si traduce in una forma di spaventoso vuoto, in cui l’uomo diventa un eunuco e la donna un oggetto desessualizzato, oggetto cioè di un atteggiamento proiettivo malato, che costruisce finte realtà.
Un orizzonte drammatico quello di una generazione che per questo si ammala di depressione in mancanza di like e che in ragione della propria infelice insicurezza, necessita di accorciare le proprie camicie un tanto alla volta, fino a rimanere con il seno scoperto o con l’augello mascolino in bella mostra di sé, per ostentare una malattia del profondo: l’impotenza di essere, l’incapacittà di esistere se non in una perenne e fittizia rappresentazione di un sé, che non c’è. Una perdita d’identità che racconta di una involuzione in cui la paura dei rapporti umani ha preso il sopravvento.
Il web si è trasformato in un parco giochi a misura di taschino in cui l’ossessione del proprio vuoto persegue i suoi assertori tra involute forme di machismo, o esibiti dettagli di tette e di culi messi a disposizione di eunuchi rappresentanti del disagio sociale e sessuale, il cui passatempo diventa una sempre più fugace ed insoddisfacente attività onanistica, tra compiaciuti ammiccamenti premiati da emoticons di ogni genere, mentre si spegne il vero erotismo, quello che dovrebbe spingere uomini e donne a conoscersi, annusarsi, desiderarsi e conquistarsi.
Messa a repentaglio le fondamenta dall’identità personale, attraverso la banalità della pericolosa personalità del polimorfo perverso, così Freud definisce il bambino, occorre prendere atto che più che cambiare “il mondo”, bisognerebbe cambiare l’uomo. Impresa titanica, osservando quanto in basso siamo scesi se non siamo neppure più capaci di fare l’amore.
Ecco una breve parte della conferenza della Prof.ssa Ponti