La violenza di genere un problema di cultura, il caso di Viterbo

Oggi è toccata ai moralizzatori dei moralizzatori, domani chissà. In comune con tutti gli altri casi è l’ennesima violenza contro una donna, questa volta perpetrata a Viterbo. Il caso ha suscitato ancora più polemiche perché a compilarlo sono stati due appartenenti a Casapound, movimento dichiaratamente fascista e per questo al centro immediatamente di feroci polemiche

Il tema vero invece è il fatto che, si sia di destra o di sinistra, alla fine ci si sente sempre in diritto di alzare le mani su di una donna o di stuprarla, cosa anche peggiore ammesso sia possibile costruire una casistica di cosa sia più indegno tra un pestaggio e una violenza sessuale e sempre ammesso che nel suo abominio sia riscontrabile una differenza.

Perché quello che resta in realtà è che a pagare sono sempre le donne e a essere loro carnefici sono sempre degli uomini. E, altra curiosità, non ci sono distinzioni di razza in questo caso. Violentano gli italiani, e violentano uomini che appartengono ad altri paesi, africani o Sudamericani, quasi che di fatto la condizione della sessualità molesta e violenta sia una condizione ineludibile. Quasi che essa sia la conseguenza naturale di una fisicità esibita con la protervia tipica di chi sapendo di poter sopraffare esercita questa condizione come un diritto. In molti casi deleghiamo alle bestie le nostre rimostranze generandone un paragone probabilmente inappropriato. Perché gli animali nella loro istintualità rispettano il codice non scritto. Si attacca quando si vuole conquistare un territorio o un’area, quando si vuole difendere una comunità. Non per il semplice gusto di fare male. Tipicità tutta umana.

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