È tornata la droga a Milano. Il mantra circola ormai da mesi con tanto di supporti video gentilmente offerti da giornali e tv e persino dall’ex galeotto Fabrizio Corona che per raccontare quella realtà ha rischiato di lasciarci le penne, salvo essere riconosciuto e per solidarietà salvaguardato dal pestaggio cui non sarebbe stato sottratto un collega giornalista. Interessante in questa storia del parchetto della droga, è lo story telling che n’è nato, con tanto di melliflua paternale sul destino toccato a qualche giovane professionista della grande Milano. Non si racconta mai invece chi ha avuto l’idea di portare lì la droga, quale mafia (ndrangheta, per l’esattezza) ha deciso di farne luogo d’affari, come eventualmente spezzare le braccia a questi maledetti trafficanti di morte che non pagano mai per le loro malefatte. E sempre a proposito di racconto nessuno ci dice mai da dove arrivi la droga, come si potrebbe fermarne la circolazione con un’adeguata operazione d’intelligence e soprattutto sarebbe interessante scoprire perché sia così facile chiudere i porti ai pericolosi disperati che partono dalla Libia, secondo alcuni pronti a farsi esplodere in nome di Allah in Italia, mentre invece non sappiamo mai né soprattutto riusciamo a chiudere i porti alla droga, all’eroina e alla cocaina i quali a Milano viene spacciata a fiumi in modo particolare tra i benestanti professionisti del capoluogo, ricchi soprattutto della loro tracotante idiozia. Sarebbe interessante infine sapere perché non ci sia un politico, uno, che una volta prestatosi al pietismo ributtante “per le vite spezzate”, di cui di solito non gli importa niente, non si prodighi almeno nella visita di qualcuna delle cittadine locali, antistanti Milano, al fine di prendere qualche informazione sulla ‘ndrine, le cosche calabresi, che impongono questo mercato di merda facendoci anche un sacco di soldi. Perché il bosco di Rogoredo potrebbe essere raso al suolo se si facesse nelle periferie milanesi quello che i soldati americani facevano in Iraq nel 2003, entrando con i carri armati, casa per casa, alla ricerca dei nemici. Per altro già noti alle forze dell’ordine e in alcuni casi anche amici di qualche politico corrotto, con cui magari ha intrapreso un voto di scambio. Una volta l’attuale sindaco di Palermo, quando Cosa Nostra usava le bombe per eliminare i tutori della legge, disse al Maurizio Costanzo Show: “Dateci una settimana di silenzio stampa e di abolizione dei diritti, e ripuliamo la città dalla mafia.” Non si può fare purtroppo, perché il rischio è l’emulazione del progetto da parte dei nostalgici del ventennio. A cui già una volta i milanesi hanno offerto dimora a Piazzale Loreto, piuttosto che garantirne la continuità. Per cui ci teniamo il boschetto, l’eroina e la sua retorica.
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