Il dolore come catarsi e riscoperta di sé
“La nostra è una società magmatica, narcisista. In questa complessità cosi diversa abbiamo bisogno di recuperare l’uomo, la singola interessata partecipazione alla dimensione collettiva come modalità per riscoprire l’Io collettivo, attraverso anche processi d’inclusione che sono la premessa e non l’epilogo di un processo di partecipazione”
Monsignor Angelo Bazzari è il Presidente della Fondazione Don Gnocchi e lo incontro a Milano in occasione della nomina dei nuovi ambasciatori nel mondo, del Centro Studi Grande Milano. L’ incontro è propizio per focalizzare quelli che sono i valori su cui a suo giudizio va costruita una società. Il Monsignore parte proprio dal presupposto che solo il superamento di un’idea di civiltà basata su un’identità plagiata dal narcisismo possa essere il giusto inizio per declinare una società contemporanea matura. È il tentativo a cui a suo giudizio va ricondotta la poleis, al fine di emanciparla dalla malattia congenita di definire se stessa solo in base al possesso di beni e dunque, ad un’idea puramente materialista della società
Secondo Monsignor Bazzari, inoltre, esiziale ai fini di una condotta che possa definirsi minimamente umana c’è anche l’esercizio di una consapevolezza del dolore quale leva fondamentale su cui erigere le fondamenta di una comunità. “Il dolore è come l’arte , come la musica, come la poesia, è qualcosa di universale” . È un bene che appartiene a tutti dunque e “come diceva Sant’Agostino si esprime con le lacrime, le quali sono il sangue dell’anima. Il dolore non ha meridiani né paralleli, abbiamo infatti un’unica anima che va riscattata”
Insomma il prologo di una coscienza rinnovata è data dalla sua capacità di farle esercitare un ruolo restituendole la dignità oggi offuscata da un’opacità diffusa e che è diventato statuto ontologico di una società fondata sul consumo, spesso inconsapevole, anche delle emozioni. Per cambiare si parte da qui. Dall’essere prima di avere. Per essere, bisogna essere stati.